
1.1. Gli scopi della collezione.
Le "macchine matematiche" conservate nel Museo (strumenti per tracciare curve e risolvere problemi, meccanismi per realizzare trasformazioni, modelli per illustrare teoremi o configurazioni geometriche, ecc.) costituiscono una collezione in corso di ampliamento. Sono state costruite tenendo conto (in modo molto libero) di descrizioni contenute nella letteratura scientifico-tecnica (durante un arco temporale che va dalla Grecia classica fino ai primi del '900) e dopo una serie di esperienze rivolte ad esplorare la possibilità di un loro impiego didattico
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1.2. Modelli reali e modelli virtuali
Poiché si tratta di macchine "matematiche" (e in quanto tali vengono proposte) è possibile sostituirle con modelli virtuali (simulazioni tramite computer). Così però dall'analisi del rapporto tra modelli fisici e modelli matematici ci si sposta su quella del rapporto tra due diversi tipi di modelli matematici. Soprattutto da un punto di vista storico-didattico, c'è notevole differenza. Inoltre, la manipolazione fisica di oggetti tridimensionali è molto più ricca di contenuto e di stimoli (ed è anche il presupposto) di ogni simulazione. Meglio allora affiancare modelli virtuali e modelli reali, in modo da consentire l'osservazione di entrambi.
1.3. Scienza e tecnologia.
Come ogni scienza particolare, anche la matematica è rivolta "ad un determinato ambito dell'essente, già disponibile in una qualche forma prescientifica di accesso e di rapporto". In tale ambito resta "prigioniera": ma nel confronto continuo con altre scienze e altre attività essa progressivamente differenzia, precisa, arricchisce temi, metodi e linguaggi, dà senso ai suoi programmi di ricerca
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Di ciò, tutti gli oggetti qui raccolti costituiscono un esempio significativo. Sia quando utilizzati dai "pratici", sia quando inseriti come disegni o progetti (questi ultimi a volte appena abbozzati) entro costruzioni astratte, essi hanno intrattenuto relazioni articolate e complesse con forme di concettualizzazione e contenuti della conoscenza matematica. Benché profondamente diversi, per la loro fisicità, dagli "oggetti matematici", sono a questi contigui, ne accompagnano crescita e cambiamento. In modo simmetrico, le comunità dei matematici si configurano in ogni epoca come ben distinte da quelle (artigiani, ingegneri, artisti, mercanti ecc.) che hanno prodotto sistemi tecnici; ma entrambe sono avvolte da una fitta rete di comunicazioni e di scambi (senza che ciò ne intacchi l'autonomia o tolga possibilità di conflitto).
Macchine e strumenti costituiscono uno dei piani di contatto (o di "frizione") tra scienza e tecnologia, entro i quali ha preso forma la tendenza a ricercare un punto di equilibrio con la progressiva riduzione dell'una e dell'altra a linguaggio, e attraverso i quali realtà non scientifiche possono influire sul pensiero scientifico formalizzato.
1.4. Macchine e geometria.
Certo, una collezione centrata sulla geometria ritaglia - nell'immenso universo delle macchine - regioni particolarissime: tuttavia illustra - in tale ambito ristretto - vicende storiche più generali. Mette in evidenza alcuni dei fili con cui il pensiero matematico (che non può essere interamente ricondotto al mondo sensibile) si è comunque sempre vincolato ad attività (operazioni) concrete, e seguita a svilupparsi (specie in alcuni settori) su un intreccio forte tra aspetti strumentali e aspetti teorici. La matematica può essere pensata, nel suo fondamento, come pura volontà di dire; ma in essa agisce la "costrizione empirica" a visualizzare fisicamente, concretamente ciò che l'immaginazione ha costruito, gli "occhi della mente" hanno potuto vedere, la parola e il segno esprimere
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2. Alcuni temi culturali.
2.1. Introduzione.
I modelli o gli strumenti catalogati coprono un periodo di tempo troppo ampio per poterli osservare e studiare tutti col medesimo sguardo. Benchè solo in casi eccezionali siano mezzi di produzione (in quanto macchine "matematiche" il loro obiettivo principale è infatti incorporare, render visibile una legge, uno schema astratto) anche in essi si riflettono alcuni cambiamenti di fortissima rilevanza che hanno caratterizzato l'evoluzione generale del concetto di macchina. Occorre almeno ricordare: il passaggio dalle macchine intese come organismi artificiali (a volte con connotazioni magiche), a quelle in cui la distinzione tra "naturale" e "artificiale" è attenuata o scomparsa (meccanicismo di derivazione cartesiana); dalle macchine progettate globalmente e costruite come "pezzi unici" per opera di artigiani abili e colti (certamente non isolati ma agenti in fondo come "solisti") a quelle scomposte analiticamente in "parti costituenti intercambiabili" (passaggio, quest'ultimo, che trova le sue radici negli accuratissimi disegni degli ingegneri rinascimentali); la scoperta della contraddizione "fra precisione necessaria alla costruzione delle macchine e macchine necessarie a fabbricare pezzi sufficientemente precisi"; infine, la separazione tra struttura fisica e struttura concettuale delle macchine (risultato fondamentale della "grande geometria" sviluppata nei primi anni dell' Ottocento: Monge e Poncelet i nomi più noti)
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Diamo ora qualche rapida indicazione su altri temi che sarà necessario approfondire perchè appaia, in modo sufficientemente chiaro e articolato, la rete di connessioni che lega allo sviluppo storico della scienza e delle idee il complesso dei materiali raccolti.
2.2. L'antichità classica.
E' noto
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2.3. La ripresa moderna.
Quando, nel '500 e nel '600, gli studi matematici hanno una energica e diffusa ripresa (anche per opera degli umanisti, che scoprono e diffondono i trattati scientifici antichi, e soprattutto riaccendono l'interesse per la matematica attraverso il recupero di Platone e le interpretazioni date alla sua opera) lo spazio culturale è ancora caratterizzato da forme di pensiero radicate nella tradizione scolastica medievale (la quale - va ricordato - si presenta già con una grande articolazione di posizioni diverse, dibattiti, fermenti critici). Alcune importanti novità (che trovano per lo più origine in ambienti estranei alle istituzioni della cultura "ufficiale") acuiscono e introducono in esso ulteriori tensioni e contrasti, assumendo gradualmente forza decisiva nel processo di trasformazione del pensiero scientifico (in particolare di quello matematico).
2.4. Elementi di novità: l'algebra.
Osserviamo intanto che in quell'epoca la geometria riprende a svilupparsi intrattenendo e mantenendo con la realtà fisica legami assai più stretti di quelli presenti nella geometria alessandrina. C'è una persistente difficoltà a comprendere il carattere di "modello" della geometria euclidea, ad accettare (o almeno ad apprezzare) il "costruttivismo" euclideo. In particolare, viene giudicata inutile (e comunque "riformulabile" in modo più intuitivo e "concreto")
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2.5. Elementi di novità: la prospettiva
Un'altra importante novità è legata alle tecniche di rappresentazione "in piano" dello spazio tridimensionale (prospettiva, procedure grafiche per il taglio delle pietre) studiate e sviluppate per la maggior parte tra il XV° e XVI° secolo nelle botteghe degli artisti e nei cantieri civili e militari.Il successo della prospettiva nell'arte del '500, l'importanza che assunse, l'entusiasmo che suscitò hanno ragioni profondamente legate alla cultura del tempo. Nella proiezione, l'immagine risultante è determinata dalla distanza e dalla collocazione di un "punto di vista": questo è in perfetta corrispondenza simbolica con la visione del mondo di un periodo "che aveva inserito una distanza storica - comparabile a quella prospettica - tra se stesso e il passato classico, e aveva collocato la mente umana nel centro dell'universo, proprio come la prospettiva collocava l'occhio al centro della rappresentazione grafica"
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L'interesse per la prospettiva ha condizionato notevolmente lo sviluppo della geometria "pura" nel '600. La concettualizzazione matematica delle molteplici attività grafiche legate alla rappresentazione e alla costruzione degli oggetti fisici inizia assai presto e proprio per opera di artisti (Piero della Francesca è uno di questi), alimentata dal contatto con la vivacità dell'ambiente culturale in cui prende avvio: come vedremo meglio in seguito, si autonomizza rapidamente separandosi dalla produzione artistica "alta" e concentrandosi piuttosto sull'esame delle svariate pratiche empiriche correnti e delle strumentazioni meccaniche di appoggio usate nelle "botteghe" di artigiani o artisti famosi. Queste botteghe erano veri e propri laboratori industriali, legati spesso a interessi economici forti che spiegano (almeno in parte) contrasti "teorici" altrimenti difficili da capire (per es. quello che oppone Desargues e Bosse da un lato, Dubreuil, Le Brun, Le Bicheur dall'altro)
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Molte sono le ricerche specialistiche sulle prime sistematizzazioni della geometria proiettiva. Ricordiamo alcune questioni importanti, ancora parzialmente aperte: a) quale è stato il ruolo della geometria greca classica (per es. dei trattati di Apollonio, o dei lemmi sui birapporti sviluppati da Pappo nel libro VII° delle "Collezioni Matematiche") nel processo di sviluppo dei concetti proiettivi?
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In queste vicende la funzione delle macchine è stata duplice: diretta (per esempio, l'analisi, l'ideazione e la costruzione di strumenti "automatici" per il disegno si integra strettamente - come vedremo - alle prime formulazioni rigorose della geometria proiettiva) e indiretta (per esempio, la necessità di descrivere le macchine ha indotto gli studiosi, fin dai primi grandi trattati rinascimentali, allo sviluppo di tecniche per la loro rappresentazione grafica "in piano": strumento molto più efficace rispetto alla parola)
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2.6. Elementi di novità: la rivalutazione della meccanica
Il terzo evento a cui vogliamo accennare è il progressivo rifiuto del concetto aristotelico di scienza che relegava le arti meccaniche fra le attività vili, indegne dell'uomo libero. In questa esposizione schematica lo indichiamo per ultimo: ma occorre ricordare che esso è presupposto per il manifestarsi e il dispiegarsi degli altri due. La rivalutazione delle arti meccaniche (che prende avvio già nel XV° secolo ed è stata oggetto di numerosi studi)
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La prima è quella caratterizzata dal naturalismo rinascimentale: per il quale la matematica non è solo una attività dell'uomo, è il linguaggio della realtà. "Numero e ritmo non sono un ordine tirannico imposto alla natura, ma la legge immanente al suo stesso vivere e pulsare, un vincolo interno che è il senso stesso delle cose"
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In questa fase le macchine (ovviamente legate al movimento) conservano, almeno in parte, un carattere simbolico e magico (nel senso "scientifico" di magia naturale).
La seconda (che con la prima in realtà lungamente convive) è quella caratterizzata dal rifiuto del dualismo tra fisica terrestre e fisica celeste (indebolito - o comunque reso problematico - con la "rivoluzione copernicana"), e dal prevalere di immagini meccanicistiche della realtà (in quelle di tipo cartesiano viene abolita - per ciò che riguarda il mondo fisico, inclusi gli esseri viventi in quanto organismi spaziali - ogni distinzione tra naturale e artificiale che non sia dovuta a puri ordini di grandezza). "La teoria del moto locale è capace di fondare tutte le altre; l'universo è una grande macchina, un insieme composto da parti in movimento, comprensibile dunque nella misura in cui risulta comprensibile il movimento stesso"
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2.7. Le macchine geometrico-matematiche
Il piccolo (ma importante) insieme delle macchine geometrico-matematiche gioca qui un ruolo del tutto particolare. L'occhio esercitato di chi le usa può vedere ormai i disegni euclidei come macchine (li mette in movimento); e questo gli suggerisce costruzioni geometriche non ancora pensate, meccanismi di nuovo tipo. La macchina può così precedere la teoria, offrire il superamento pratico di divieti ed ostacoli derivanti dalla tradizione culturale; ma può anche condizionare gli sviluppi della teoria, cambiando significato e funzioni della legge che governa l'oggetto costruito. Poco importa, a questo punto, che la macchina sia reale o mentale. Il processo di "fusione" tra matematica e meccanica è così avanzato, che il destino delle macchine e degli oggetti matematici può essere d'ora in poi comune: al mutare degli apparati culturali, delle "contaminazioni" con realtà "esterne" alla scienza, sia quelle macchine che quegli oggetti (pur conservandosi identici in apparenza quando siano dotati di aspetto sensibile), non hanno più una "natura" stabile: cambiano insieme ai linguaggi (si riducono, tendenzialmente, a puro linguaggio).
3. CLASSIFICAZIONE MODELLI
In previsione di eventuali percorsi espositivi, è opportuno catalogare le macchine fin qui costruite in cinque settori (che presentano tuttavia ampie intersezioni):
3.1. Geometria delle sezioni coniche
Teorie classiche
Un primo gruppo di modelli illustra le teorie classiche di Menecmo
(ortotome, oxitome,
amblitome) e di Apollonio
(parabola, ellisse,
iperbole) (si veda anche: teorema di Apollonio): queste differiscono
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Conicografi piani
Un secondo gruppo di modelli contiene macchine (usate in prevalenza dal '500 in poi: ma alcune erano già note ai greci) che servono a disegnare coniche nel piano.
Quelle tridimensionali o, come diceva Cavalieri
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Più interessanti, dal punto di vista matematico e storico, quelle di "invenzion piana" che presuppongono la conoscenza esplicita del "sintomo" da utilizzare. La macchina è costruita in modo da ubbidire al "sintomo", che incorpora come propria legge. Ne altera quindi la percezione teorica: giacchè il "sintomo" diviene "operante": governa la macchina, costruisce la conica. Perde il carattere di verità statica, da contemplare dentro all'oggetto dato. E' inoltre una proprietà attiva nel piano: elimina ogni legame della curva col cono di sostegno, mettendo in evidenza come i punti di tale curva devono essere posizionati in un piano rispetto a un sistema di riferimento (parti fisse del meccanismo) che può essere scelto ad arbitrio. Questi "slittamenti teorici" che l'uso del conicografo produce e rafforza, costituiscono uno dei passi necessari alla costruzione futura dell'identità curva-equazione
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L'interesse di alcuni strumenti non si esaurisce in quanto detto finora. Prendiamo come esempio la macchina del
Paciotti, descritta da Muzio Oddi in uno dei suoi trattati sugli orologi solari
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(Ricordiamo che Oddi, verso la fine del '500 ingegnere ducale alla corte di Urbino, aveva in città una "casa-accademia" in cui trasmetteva ai più giovani conoscenze, informazioni, "exempla"; gli orologi solari entrano nel nostro tema in quanto al variare del tempo - la natura è matematica! - l'estremità di un'ombra solare descrive coniche cioè, come allora si diceva, "curve orarie").
Il meccanismo Paciotti-Oddi consente, mediante spostamenti continui (anche molto piccoli) del "reggitore" di passare dal disegno di una ellisse a quello di una parabola o iperbole: il suo uso mette dunque in luce (in modo indipendente da ogni riferimento diretto allo spazio tridimensionale) sia la natura profondamente unitaria di tali curve, sia l'importanza matematica di un concetto intuitivo come quello di "continuità" o "assenza di interruzioni" che sarà poi largamente usato nel '600.
Col lavoro assiduo di molti matematici europei, la teoria delle coniche si evolve in varie direzioni:
a) usando le tecniche e i concetti elaborati dagli artisti e dai geometri che riflettono sulle nuove forme di rappresentazione in piano degli oggetti tridimensionali;
b) riesaminando e semplificando la trattazione di Apollonio (si veda ad esempio la prima parte del trattato di Wallis)
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c) sfruttando la possibilità che le macchine per disegnare coniche offrono (se usate insieme al "gran trovato" di Cartesio: l'applicazione dell'algebra alla geometria) di sviluppare il discorso, con relativa semplicità, interamente nel piano (riduzione delle coniche a "luoghi piani", poi ad equazioni).
Entro quest'ultima linea di ricerca (di cui uno dei primi esempi notevoli è il trattato di De Witt
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Si avvia così un processo (che riguarda più in generale tutti i curvigrafi) in cui i tracciatori di coniche diventano "macchine matematiche" in un triplice senso:
a) "materializzano" una proprietà geometrica dell'oggetto tracciato;
b) possono essere "mentali" (la loro funzione entro il discorso non è legata all'esistenza fisica);
c) dipendono dalla teoria geometrica, quindi sono intimamente correlati (con modalità diverse) alle sue trasformazioni storiche.
Accade infatti che ad ogni nuova "scoperta" teorica si può (spesso) far corrispondere un nuovo strumento (per esempio, e riferendoci sempre alle coniche: alcuni meccanismi che funzionano in "coniugazione ortogonale" sono riproposti anche in "coniugazione obliqua"; il riconoscimento dell'esistenza dei cerchi direttori ha dato origine a conicografi che usano le proprietà del rombo (parabola, ellisse, iperbole); altri congegni usano le curve pedali rispetto a un fuoco (parabola, ellisse, iperbole), ecc.).
Ma accade inoltre che strumenti antichi, noti da tempo (come l'ellissografo a filo teso o quello di Van Schooten), se inseriti in un nuovo discorso teorico strutturato vengano meglio compresi, sottratti alla parziale consapevolezza dell'uso empirico. Qui, come in altri campi, la storia delle cose non coincide sempre con quella delle idee: si capisce meglio - in seguito allo sviluppo della riflessione teorica - ciò che prima si faceva concretamente.
A questo proposito: i trattati di De Witt e di De L'Hospital
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Ulteriori sviluppi
Dopo Cartesio, la evoluzione degli studi geometrici non è lineare. I progressi della geometria analitica si intrecciano a quelli della geometria proiettiva; allo sviluppo impetuoso del calcolo letterale non corrisponde l' abbandono (assai più lento) di una strutturazione ancora profondamente geometrica delle tecniche di prova e dei ragionamenti; si registrano frequenti rivalutazioni dei metodi classici, anche a causa di differenze culturali fra i vari paesi (esempio celebre, il trattato di Simson sulle coniche)
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Cartesio: Dopo aver descritto come tracciare per punti una iperbole con riga e compasso, così prosegue: "Questo procedimento per punti non sarà forse improprio per costruire in modo grossolano qualche modello che rappresenti approssimativamente la forma delle lenti che vorremmo tagliare. Per dare però ad esse esattamente questa forma è necessario inventare qualche altro strumento per mezzo del quale sia possibile descrivere iperboli d'un sol tratto, come si descrivono cerchi con il compasso. E non ne conosco alcuno migliore del seguente..."
De La Hire:"Le descrizioni di linee curve fatte nel piano attraverso il movimento continuo di un punto pilotato da macchine sono così soggette ad errore che basta servirsene una sola volta per restare definitivamente scoraggiati; io sono quindi convinto che per tracciare queste linee convenga cercarne - attraverso qualche procedimento semplice - un gran numero di punti: congiungendo i quali si otterrà la linea desiderata. Siccome spesso occorre soltanto un piccolo arco di tale linea, si potrà collocare in questo spazio ristretto un numero di punti così elevato da rendere trascurabile l'errore commesso congiungendoli...."
La ripresa ottocentesca della teoria tridimensionale
Un ultimo gruppo di modelli illustra i teoremi di Dandelin sulle coniche (ellisse, iperbole, parabola). Si noti intanto che questo autore riprende il punto di vista dei greci: cioè ricolloca iperbole, ellisse e parabola sul cono, trovando nuovi risultati. (Nell'evoluzione del pensiero scientifico, una linea di ricerca non è mai abbandonata solo perchè ormai infruttuosa o esaurita: ci sono sempre anche ragioni "esterne" che allontanano da essa l'attenzione degli studiosi. Del resto anche prima di Dandelin lo studio delle coniche "nel cono" ha prodotto risultati nuovi: ad il teorema sul "lato retto" di J. Bernoulli (1689) al quale egli premette questa breve nota: "E' sorprendente, su un argomento così a lungo studiato dagli antichi e dai moderni, rilevare ancora qualcosa che è sfuggito alla loro attenzione, come la seguente proprietà, del tutto generale....")
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Mostrandosi ancora legato, per alcuni aspetti, alla cultura matematica del '700, Dandelin (che scrive nel 1822)
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Possiamo qui trovare conferma ad alcune precedenti osservazioni:
a) è possibile, usando le indicazioni del Dandelin, costruire nuove macchine per tracciare le curve focali
b) i procedimenti meccanici noti per la generazione di tali curve - citiamo qui come esempio la squadra di Newton - possono essere ora riconsiderati in un quadro teorico diverso e più vasto.
3. 2. Proiezioni e prospettiva.
Prospettografi
Quando Durer fece il suo secondo viaggio in Italia (1506) "dopo incisioni come Natività e xilografie come Presentazione non aveva bisogno di alcun insegnamento prospettico per quel che riguarda la sua applicazione pratica"
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Le quattro "macchine" del Dürer (finestra, sportello, strumento del Keser, griglia) sono riprodotte in un primo gruppo di strumenti che possiamo qualificare come mezzi meccanici per l'imitazione della realtà; mentre un secondo gruppo contiene strumenti che dipendono dalla teoria geometrica e non potrebbero sussistere senza di essa. Questa distinzione, a cui già abbiamo accennato, nel caso del disegno prospettico è particolarmente evidente.
Sui modelli del pirmo gruppo osserviamo:
- Le variazioni tecniche che distinguono uno strumento dall'altro sono rivolte al superamento di difficoltà pratiche e al raggiungimento di livelli di "automatismo" crescenti nella produzione dell'immagine; è stato tuttavia osservato che, all'inizio del secolo XVII, le "macchine" del Cigoli e dello Scheiner "definirono effettivamente i tipi principali di strumenti automatici per la prospettiva, e tutti gli strumenti successivi possono essere posti più o meno direttamente in relazione con tali precedenti"
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- L' "invenzione" degli strumenti per la prospettiva è collegata alle tecniche medievali di rilevamento delle lunghezze, larghezze, altezze, ecc. Ma in essi "sopravvive" a lungo l' "aura magica" che avvolgeva senza dubbio quello del Brunelleschi (il primo documentato)
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- C'è una abissale distanza tra un quadro in cui si fa uso della prospettiva e gli schemi grafici ottenibili per via meccanica. Anche limitandosi alle pure competenze tecniche, le abilità che un pittore deve possedere vanno ben al di là di quelle necessarie a costruire la base ottico-geometrica della sua composizione. E' accaduto quindi che i prospettografi siano stati poco usati, e in modo discontinuo e occasionale, dagli artisti di professione, specie i maggiori. Erano più diffusi tra i curiosi, gli esecutori di incisioni, tarsie, decorazioni, tavole dimostrative o "esemplari", gli scenografi e costruttori di "gabinetti" ottici, i tecnici di alcuni cantieri civili o militari, ecc. Da questi ambienti proviene la maggior parte della richiesta di ricette semplici, di spiegazioni che non facciano ricorso ad astrusi apparati matematici. La ricerca sulla prospettiva progressivamente si distacca dal clima appassionato di "fusione" tra arte, magia naturale, geometria, ottica e strumentazione esatta in cui era iniziata; si isola e si specializza giungendo a formulare, in relativa autonomia, un proprio apparato concettuale e teorico.
- In tale processo, il '500 è un secolo di "svolta": i numerosi trattati di prospettiva pubblicati in quegli anni lo rivelano con chiarezza. Ci sono infatti testi "facili" (grafici, descrittivi, prescrittivi) destinati ai pratici
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Dai prospettografi al concetto di trasformazione
Il secondo gruppo di modelli documenta alcuni passaggi dell'itinerario teorico-empirico che attraverso gli studi di prospettiva "artificiale" ha contribuito (ristrutturando la teoria delle coniche) alla genesi del concetto di trasformazione.
- Uno stretto collegamento tra la manipolazione di strumentazioni meccaniche e il teorema di Stevin (parabola, ellisse, iperbole, fascio di rette, figure poligonali piane, prospettività tra rette incidenti)
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- Fra gli scopi di una teoria matematica della prospettiva ( in parte a causa delle più volte ricordate pressioni provenienti da contesti economico-produttivi: architettura, cartografia, genio militare, idraulica ecc.) c'è anche quello di raggiungere un massimo di semplicità e "automaticità" nel tracciare la "trasformata" di una figura piana qualsiasi. A tale problema (nel secolo precedente, se lo era già posto Desargues) le macchine del Lambert (prima, seconda) danno (almeno concettualmente) soluzione "in piano". Sono notevoli non tanto per la loro utilità (troppo ingombranti e poco precise), quanto perchè rivelano il ruolo che il meccanicismo settecentesco (dominato- come per altro tutta la matematica dell'epoca - dalla idea di continuità e regolarità) ha avuto anche nella definizione delle proprietà di quella trasformazione che noi oggi chiamiamo omologia. Citiamo, dalla esposizione del Lambert, questo passaggio: "Si sa che è tecnicamente possibile realizzare attraverso macchine ogni movimento che sia regolare, o costantemente uniforme, o si ripeta sempre a intervalli regolari. Esaminiamo allora se un tale movimento si instaura nel momento della proiezione di un piano in prospettiva"
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Macchine "analoghe" a quelle del Lambert sono state progettate e proposte fino alla fine del XIX secolo; ricordiamo ad esempio il prospettografo Fiorini (1891), che ebbe qualche fortuna
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Anamorfosi
Un terzo gruppo di modelli è dedicato alle anamorfosi.
Gli storici hanno ampiamente analizzato i rapporti tra la produzione di immagini anamorfiche, gli inizi del manierismo in pittura, la passione per gli automi, il pensiero cartesiano. E' noto che il giovane Cartesio si dilettava alla costruzione di "giardini d'ombre"; gli studiosi del Convento dei Minimi a Parigi (Mersenne, Niceron, Maignan ecc.) legati in vario modo a Descartes, svilupparono ampie ricerche su queste prospettive strane e meravigliose
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Da un punto di vista matematico, le anamorfosi ottenute per proiezione non aggiungono nulla a quanto già noto dallo studio delle prospettive regolari; si tratta di un impiego "esasperato" di leggi che rimangono identiche. Semmai, si accentua (in mancanza di algoritmi formalizzati) la necessità di ricorrere a procedimenti empirici: e infatti molte strumentazioni "ad hoc" vengono studiate e realizzate
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- Le lumache di E. Pascal sono utili per produrre anamorfosi per riflessione (specchio cilindrico);
- Il "vecchio" pantografo di Scheiner, opportunamente modificato, può tracciare figure anamorfiche che si "svelano" quando siano riflesse (in condizioni opportune) da uno specchio conico (M. Parrè, 1973).
3. 3. Trasformazioni
Uno dei principali eventi che hanno contribuito alla centralità del concetto di trasformazione nel pensiero geometrico del XIX° secolo è stato il costituirsi della geometria proiettiva come campo di indagine autonomo e organico. Fin dai primi studi (dovuti a Desargues, Pascal, De La Hire, ecc.) l'invarianza per proiezione di alcune proprietà delle configurazioni geometriche considerate si lega (in modo implicito o dichiarato) sia a problemi pratici, sia al movimento e (quindi) alla nozione di continuità. Fra le numerose linee di ricerca che confluiscono verso la teoria delle trasformazioni (e dei gruppi di trasformazioni) se ne possono citare alcune in cui il rapporto col movimento e con i sistemi tecnici è stato importante: ricordiamo i lavori di Bravais sulla struttura dei cristalli; la "Memoria sui gruppi di movimenti" di Jordan; i rapporti tra geometria affine ("scoperta" da Euler)
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Nel XIX° secolo, l'ingegneria meccanica divenne una delle tecnologie dominanti: e poichè, nella costruzione di macchine, sistemi articolati e biellismi sono di fondamentale importanza in quanto realizzano la trasmissione dei movimenti, per questo scopo su di essi, almeno inizialmente, si concentrò l'attenzione. D'altra parte gli apparati teorici astratti (i quali, - malgrado tutti gli agganci "concreti" che è possibile reperire - si formano pur sempre in molti loro aspetti per vie "interne", come pure invenzioni dell'intelletto) hanno il potere di rinnovare o cambiare lo sguardo che osserva e descrive la realtà. Così apparve ben presto che la teoria delle trasformazioni e degli invarianti poteva essere utile per l'analisi e la progettazione delle macchine. Emerge anche qui un "doppio legame" su cui torneremo ad insistere: esistono meccanismi utilizzati in passato che contengono, allo stato nascente, proprietà spiegabili in modo completo solo quando la teoria delle trasformazioni è sufficientemente evoluta; ne esistono invece altri inventati e costruiti proprio grazie all'uso delle nuove teorie. (Di ciò sono esempi semplici e immediati il pantografo di Scheiner e l'inversore di Peaucellier).
Lo studio dei sistemi articolati e dei biellismi non ha ancora perduto interesse: in matematica è oggi legato a ricerche di geometria algebrica, in ingegneria è importante per controllare alcuni movimenti nei robot
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Sistemi articolati per trasformazioni
- Una parte dei modelli illustra elementarmente le più semplici trasformazioni puntuali lineari piane (isometrie, stiramenti, omotetie). I punti corrispondenti sono rappresentati da un "puntatore" e da un "tracciatore", entrambi con due gradi di libertà. I sistemi articolati contengono solo coppie di rotazione; invece i biellismi contengono anche coppie prismatiche (cursori entro scanalature).
- Gli strumenti di questo tipo dovrebbero essere considerati - in generale - come "organi" di macchine, come "pezzi" da assemblare per costruire meccanismi più complessi (si osservino quelli che illustrano la composizione di trasformazioni); alcuni però si possono decomporre a loro volta in parti più semplici: per es. il traslatore del Kempe deriva dall'accoppiamento di due "compassi" di Van Schooten (chiamiamo "compasso" di Van Schooten quello che realizza l'identità: puntatore e tracciatore coincidono).
- Mettendoli a confronto, qualcuno di essi può apparire come "particolarizzazione" o "generalizzazione" di un altro. Per esempio: il pantografo di Sylvester per le rotazioni è una generalizzazione di quello che realizza la simmetria centrale, ma caso particolare di quello che produce rotoomotetie.
- Sono meccanismi di "portata locale", con vincoli fisici ben precisi: mettono cioè in corrispondenza regioni piane limitate, di cui possiamo - caso per caso - individuare la forma (nella concettualizzazione astratta, la corrispondenza è invece estesa a tutto il piano, assume carattere "globale"); la corrispondenza tra le regioni trasformate non ha rapporti diretti col movimento (senza tempo e senza nome preciso) che la genera; le proprietà fondamentali della trasformazione si possono ricavare per via empirica, ma dovranno essere poi rigorosamente dimostrate. Queste tre caratteristiche risultano particolarmente vantaggiose nella costruzione di un percorso didattico.
Genesi spaziale delle trasformazioni piane
Altri modelli attirano l'attenzione sulla "solidarietà" che esiste tra spazio euclideo tridimensionale e piano ("completati" con gli elementi impropri), su alcuni aspetti della "alleanza intima e sistematica tra le figure a tre dimensioni e le figure piane"
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Ricordiamo ancora che nell'uso dei modelli di questo tipo (così come accade in quelli che illustrano il teorema di Stevin) quando dalle prospettività tra due piani distinti si passa (per rotazione di uno di questi attorno all'asse) alla trasformazione subordinata, occorre fare ricorso a principi di continuità.
3.4. Curvigrafi
Abbiamo già preso in considerazione qualche conicografo: si fa ora riferimento a curve algebriche di grado qualsiasi e a curve trascendenti. L'argomento è vastissimo, in pratica inesauribile; interessante perché (a parte ogni considerazione di carattere estetico) lo studio delle curve si è storicamente configurato come un terreno di esercizio estremamente fecondo per la formazione di molti concetti fondamentali (sia in geometria che in analisi) e l'invenzione di importanti algoritmi (connessi per es. a problemi di quadratura e rettificazione). Poche note basteranno comunque a fornire una guida per la lettura dei modelli e una prima base per ulteriori riflessioni
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Strumenti che 'incorporano' proprietà
Per generare meccanicamente, con moto continuo, archi di una curva determinata è possibile sfruttare qualche sua proprietà "incorporandola" direttamente nello strumento. Ma in tal modo, se è vero che "in matematica, esaminando tutte le proprietà di una curva, si trova che non sono altro che una stessa proprietà ripresentata sotto diversi aspetti"
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Strumenti che trasformano una curva
- Una curva può inoltre essere ottenuta applicando ad un'altra, già tracciata, opportune trasformazioni. Se ad esempio in un sistema articolato o biellismo scelto tra quelli raggruppati nel settore III°, si vincola il puntatore a una traiettoria determinata, il tracciatore genera la traiettoria trasformata. In questo modo si è riusciti a risolvere qualche problema relativo al disegno di curve - fra gli altri, quello della "guida rettilinea" (primo strumento di Kempe, secondo strumento di Kempe, primo strumento di Hart, secondo strumento di Hart) per il quale si avevano (negli anni precedenti l'invenzione di Peaucellier) soltanto risposte approssimate
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- Ci sono anche numerose altre tecniche meccanizzabili per ricavare nuove curve da curve già note. Di queste, è possibile ad esempio considerare la podaria rispetto a un punto (parabola, ellisse, iperbole), le isottiche (parabola, ellisse) ed ortottiche (parabola, ellisse), le evolute ed evolventi. Oppure, si può ricorrere al movimento relativo di due piani pilotato da profili curvilinei che rotolano uno sull'altro senza strisciare (epicicloidi, ipocicloidi, cicloidi, ecc.). Nell'800 questi studi (legati, come quelli sui sistemi articolati, allo sviluppo dell'ingegneria meccanica) hanno dato nuovo impulso alla geometria del movimento (analisi dei moti "senza tempo") le cui radici storiche si rintracciano nell'opera di Cartesio e nelle successive ricerche di Geometria Organica
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Le macchine "mentali"
Pur non essendo possibile (per ovvie ragioni) esibirne modelli, dobbiamo ancora una volta sottolineare l'importanza che nelle indagini geometrico-meccaniche hanno le "macchine mentali". Alcuni dei risultati più belli ottenuti in questo campo fanno infatti riferimento a meccanismi non riproducibili, dei quali però quelli concreti costituiscono casi od "organi" particolari, ricavando in questa interpretazione maggior ricchezza di senso. Citiamo i seguenti:
Teorema di De La Hire-Cauchy: "Qualunque curva piana può considerarsi come una trocoide o "roulette": ossia come generata da un punto vincolato a una curva piana che rotola senza strisciare su un'altra curva piana"
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Teorema di Mac Laurin: "Se un poligono, di forma variabile, si muove in modo che tutti i suoi lati passino rispettivamente per altrettanti punti fissi assegnati e tutti i suoi vertici tranne uno percorrano curve algebriche rispettivamente di grado m, n, p, q ... il vertice libero traccerà una curva algebrica di grado 2mnpq...., ma di grado metà (mnpq...) qualora i punti fissi siano allineati"
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Teorema di Kempe-Koenigs: "Qualunque curva algebrica piana (di grado n qualsiasi) può essere descritta mediante un sistema articolato"
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Esplorazione di curvigrafi
Due attività complementari dovranno essere svolte da chi esamina i curvigrafi.
- In primo luogo, occorre confrontarli con attenzione per rilevare le equivalenze (spesso riposte. Una medesima curva si può caratterizzare (rispetto ad altre) in numerosi modi distinti. Per esempio, la ellisse è trasformata della circonferenza in una omologia affine (biellismo del Delaunay), ma può essere considerata anche come ipocicloide (De la Hire); le "lumache" del Pascal sono concoidi a base circolare (il polo è sulla base), oppure podarie di una circonferenza, o trasformate delle coniche in una inversione circolare (centro d'inversione in un fuoco della conica) e così via.
Un altro esempio: l'ellissografo di Hart appare (ad un attento esame) identico a quello di Van Schooten: essi sono in realtà identici; quest'ultimo può inoltre essere considerato caso particolare di un sistema biella-manovella, ed è in tutto equivalente all'ellissografo che utilizza il moto relativo di due piani su guide ortogonali fisse, ecc.
Il confronto mostrerà anche la presenza costante, in molti strumenti, di parti costituite da figure geometriche elementari e ben note (come squadre, rombi, parallelogrammi ...) che sono però "articolate" o "messe in movimento": è sorprendente constatare come questa semplice "aggiunta cinetica" allarghi le possibilità di impiego delle loro principali proprietà, le trasformi in organi estremamente versatili.
- In secondo luogo (e ciò vale per tutti i modelli della raccolta, non solo per i curvigrafi) si dovrà ricordare che ognuno di essi ha una "biografia" che in parte coincide con quella dell'oggetto matematico collegato: abbiamo già più volte messo in rilievo che se quest'ultimo, col passare del tempo, viene "schematizzato", pensato, descritto in modi diversi (diversamente allocato all'interno di costruzioni teoriche) cambiamenti analoghi possono prodursi nella progettazione-realizzazione dello strumento (o nella sua interpretazione quando ne resti invariato l'aspetto visibile-concreto).
Riconsideriamo (a titolo d'esempio) l'ellissografo di Van Schooten. Già nota ai greci (secondo quanto riferisce Proclo nel commento al primo libro di Euclide), la proprietà in esso "materializzata" (se una retta, sulla quale è assegnato un segmento, si muove in modo che gli estremi del segmento percorrano altre due rette fissate nel piano, ogni altro punto della prima retta descrive una ellisse) è rintracciabile, per il caso di due rette fisse ortogonali, in Guidubaldo Del Monte
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Particolarmente interessante è la biografia delle curve trascendenti (e, quindi, delle macchine per tracciarle). Oggetto di numerosi "divieti" (Aristotele, Cartesio i nomi più famosi), sono sempre state assai studiate dai matematici, e hanno giocato un ruolo importante nello sviluppo dell'analisi. Ci limitiamo qui a consigliare due letture: per la cicloide il lavoro di S. Tessieri
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3.5. Risoluzione meccanica di problemi
In quest'ultimo settore c'è qualcosa di arbitrario, in quanto moltissimi altri meccanismi della collezione (non inseriti qui) potrebbero essere considerati "solutori di problemi". Ma (a parte il fatto già ricordato che fra i vari settori presi in considerazione ci sono ampie intersezioni, sicchè le osservazioni fatte per ognuno di essi possono talvolta essere estese anche agli altri), ci siamo lasciati guidare (insieme o separatamente):
a) dalla importanza storica del problema affrontato (per esempio, le ricerche sulla trisezione dell'angolo e sulla quadratura della circonferenza sono durate per secoli, e si sono concluse solo in tempi abbastanza recenti)
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b) dalla risonanza che il problema ebbe nell'epoca in cui fu posto: ciò vale ad esempio per l'inserzione di medi proporzionali, che ha condotto al mesolabio e al rettangolo di Platone (qui presentato nella versione semplificata del Durer), e per il problema di Alhazen;
c) dalla possibilità di considerare lo strumento proposto come "capostipite" d'una serie di meccanismi via via più "evoluti" destinati al medesimo scopo. Ciò accade per gli squadri del Bombelli (prima, seconda) (ricerca di radici reali nell'equazione di terzo grado); per il "bacolo" di Euclide(strumento di misura che, visto il modo in cui vi interviene la teoria della visione, prepara il terreno alla invenzione dei prospettografi); per i compassi di proporzione (che hanno dato origine a strumentazioni finalizzate al calcolo grafico e astronomico o alla cartografia); per l'addizionatore di Emch.
d) dalla loro capacità di rappresentare un'atmosfera culturale (è il caso dei lavori del Suardi (cissoide, concoide, altre concoidi), nobile dilettante nella provincia italiana del '700).